domenica 30 gennaio 2011

Novecento: un monologo assurdo di una storia pazzesca



Sono sessanta pagine. Viaggiano veloci, più del Virginian, il piroscafo di cui narra. E’ una storia di musica, di amore verso il pentagramma e, soprattutto, una storia d’amore verso quelli che si possono definire i “diversi”. E non nel senso sessuale del termine. Bensì nel senso caratteriale, vitale che questa parola sa esprimere. Il teatro di questa storia è il mare, con la sua linea orizzontale che divide il reale dal sogno. Novecento - così si chiama il personaggio di questo monologo, scritto da Alessandro Baricco e dalla sua particolarissima penna – è un libricino che si legge in una sera e che suona più come una sceneggiatura (spesso si legge che l’attore esce di scena) e credo che il modo migliore per invogliare qualcuno a leggere quest’opera non sia una recensione dettagliata, bensì qualche spot di frasi tratte dal monologo. Basteranno per invogliarvi:

Negli occhi della gente di vede quello che vedranno, non quello che hanno visto”.

Suonavamo perché l’Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio”.

Non sei fregato veramente finchè hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”.

Il Mondo, magari, non l’aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima”.

Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia”.

La gente fa così. E’ cattiva con quelli che perdono”.

Per l’ultima volta, lì a dirci tutte le cose che mica puoi dirti, con le parole”.

E’ sorprendente come sia inutile, suonare una tromba, quando c’hai una guerra intorno. E addosso, che non ti molla”.

Andavo di fantasia, e di ricordi, è quello che ti rimane da fare, alle volte, per salvarti, non c’è più nient’altro. Un trucco da poveri, ma funziona sempre”.

Da leggere. Anche per più volte. Tanto, c’è da “perderci sopra” solo una serata.

martedì 25 gennaio 2011

Caro Mike, due parole per te...

Caro Mike, oggi più che mai mi vengono in mente tutte le tue gaffes: la Longari e il suo uccello, la Berti a Sanremo 1906, Fausto Tozzi (magari Umberto…), Paolo Bolis (al posto di Paolo Bonolis), la filanda la belinda e la Bernarda... Mi viene in mente quando ti incazzavi con la Elia, con Sgarbi. Mi viene in mente quando facevi finta di litigare a distanza con Pippo Baudo. Mi viene in mente che non avevi paura di un bel niente. Soprattutto di non poter raccogliere l’approvazione di tutti. Il gesto che ti vede vittima – la trafugazione della tua salma – non ha tanti commenti a livello morale. Che dire di chi ruba ciò che rimane di una vita come la tua (di una vita e basta, verrebbe da dire)? Per la salma di Enrico Cuccia fu chiesto un riscatto (e i Carabinieri arrestarono i due colpevoli). Per te, mi verrebbe da dire che non c’è riscatto che tenga. Se è vero che è il ricordo di chi resta sulla terra a tenere in vita una persona, stai tranquillo che i soldi che chiederanno (se li chiederanno) non saranno mai abbastanza…


mercoledì 19 gennaio 2011

La notte è più bello, sapere che nel mondo nessuno è normale


Un capolavoro: capacità descrittiva 10, capacità di cogliere i particolari pure. Da leggere, anche se in questo caso la voce di Lorenzo fa un buon 50%. Buona giornata.

La notte è più bello, si vive meglio,
per chi fino alle 5 non conosce sbadiglio,
e la città riprende fiato e sembra che dorma,
e il buio la trasforma e le cambia forma
e tutto è più tranquillo tutto è vicino
e non esiste traffico e non c'è casino
almeno quello brutto, quello che stressa,
la gente della notte sempre la stessa
ci si conosce tutti come in un paese,
sempre le stesse facce mese dopo mese
e il giorno cambia leggi e cambia governi
e passano le estati e passano gli inverni,
la gente della notte sopravvive sempre
nascosta nei locali confusa tra le ombre.
La gente della notte fa lavori strani,
certi nascono oggi e finiscono domani,
baristi, spacciatori, puttane e giornalai,
poliziotti, travestiti gente in cerca di guai,
padroni di locali, spogliarelliste, camionisti,
metronotte, ladri e giornalisti,
fornai e pasticceri, fotomodelle,
di notte le ragazze sembrano tutte belle,
e a volte becchi una, in discoteca,
la rivedi la mattina e ti sembra una strega,
la notte fa il suo gioco e serve anche a quello
a far sembrare tutto, tutto un po' più bello.


Parlare in una macchina davanti a un portone
ed alle quattro e mezzo fare colazione
con i cornetti caldi e il caffelatte
e quando sorge il sole dire buonanotte
e leggere il giornale prima di tutti,
sapere in anteprima tutti i fatti belli e brutti,
di notte le parole scorrono più lente
però è molto più facile parlare con la gente,
conoscere le storie, ognuna originale,
sapere che nel mondo nessuno è normale.
Ognuno avrà qualcosa che ti potrà insegnare,
gente molto diversa di ogni colore.
A me piace la notte gli voglio bene
che vedo tante albe e pochissime mattine,
la notte mi ha adottato e mi ha dato un lavoro
che mi piace un sacco anzi io l'adoro.
Mi chiamo Jovanotti faccio il deejay,
non vado mai a dormire prima delle sei.

lunedì 17 gennaio 2011

Mila e Shiro: non un cartone, ma un energetica filosofia di vita





Mila Azuki, , Shiro Takiki, Kaori Takigawa, Nami Hayase, Tullia Kaido, Yoghina Yokono, Mister Daimon, Mister Mitamura.

Saranno anche parole giapponesi e solitamente incomprensibili agli occidentali, ma tutti gli amanti della pallavolo hanno una visione ben precisa di questi nomi e cognomi: fatta di volti, musiche, sensazioni ormai passate e lontane nel tempo, nonché particolarità indimenticabili. Stiamo parlando di anime giapponesi, dette cartoni animati. E sarà perché quando siamo bambini assorbiamo in fretta comportamenti, idee e passioni, ma non esiste oggi un trentenne medio che non sappia a memoria le caratteristiche del cartone animato giapponese “Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo”.

Continua a leggere il mio articolo su dotvolley.it. Alla fine, troverai la parte 1 della prima puntata della serie.

domenica 16 gennaio 2011

La panchina della nostalgia: Malesani, Mazzone e Trapattoni

Qualcosa per la quale la domenica è stata davvero domenica. A parte tutto, tre miti e mille sorrisi. Partendo da Milano, passando da Verona fino ad arrivare a Roma, ecco qui tre casi da studiare e da guardare, a mio parere, con un po' di nostalgia...

Alberto Malesani in salsa greca




Carletto Mazzone the very special one



L'umiltà inimitabile del Trap




sabato 15 gennaio 2011

Franco Battiato e la sua stagione dell'amore





Oggi proporrei Franco Battiato con "La stagione dell'amore". Una canzone che probabilmente solo gli appassionati conoscono e che andrebbe letta come una poesia. Buona lettura, perchè...i testi delle canzoni volano sopra la musica.


La stagione dell'amore viene e va,
i desideri non invecchiano quasi mai con l'età.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.
La stagione dell'amore viene e va,
all'improvviso senza accorgerti, la vivrai, ti sorprenderà.
Ne abbiamo avute di occasioni
perdendole; non rimpiangerle, non rimpiangerle mai.
Ancora un'altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore.
Nuove possibilità per conoscersi
e gli orizzonti perduti non ritornano mai.
La stagione dell'amore tornerà
con le paure e le scommesse questa volta quanto durerà.
Se penso a come ho speso male il mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.

giovedì 13 gennaio 2011

Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare: pensieri e verità



Chi è senza peccato non ha un cazzo da raccontare. Mai una verità è stata detta in maniera più vera e, se vogliamo, violenta. Non si tratta di una massima, ma del titolo di una raccolta scritta da Vincenzo Costantino. Una raccolta indefinibile, per come la vedo io. Perché i testi stampati all’interno di questo piccolo libricino non sono leggibili come pure poesie, né come racconti. Forse sono pensieri. Ecco, la parola giusta è “pensieri”. Pensieri su qualsiasi cosa possa nascere da un teatro di vita come Milano: città che spesso ti lascia solo, ma che molte volte ti rende libero. E spesso le due cose vanno di pari passo nella vita di ogni uomo: la solitudine e la libertà. Vincenzo Costantino, riesce a rendere immagini milanesi come in pochi onestamente son riusciti a fare. Si parla della Milano di oggi o di quella di qualche decennio fa. Ma si parla sempre della stessa Milano che c’è con le sue bellezze, con le sue bruttezze, con i suoi modi tremendi di arrivarti sul muso come un cazzotto. A volte nel linguaggio, Costantino va veloce e non bada ai conformismi che eviterebbero certe parole. Va dritto all’obiettivo e scatena sempre qualcosa, piccolo o grande che sia: un piccolo stupore, una grande risata o una forte espressione che dice “sì, gli odori descritti son veri”.
Si legge mentre si aspetta di fare una fermata di treno. Si legge nei momenti da riempire della giornata. Non quelli passati a riposare. Quelli che rompono: i momenti morti. Veloce. Si legge.

Per gradire:

Provare a scoprire la propria città, intraprendere questo viaggio è un lavoro, un lavoro ignobile perché la città sei tu. Sei tu che la vesti, che gli dai voce, che la profumi o la impesti. La città è quello che siamo e chi ha voglia ma soprattutto il coraggio di scoprire se stesso correndo il rischio di non piacersi. Possiamo cambiare città, ma non possiamo cambiare la nostra impronta. Uno dei pochi aspetti piacevoli che mi fanno partire dalla mia città è la consapevolezza che poi ci devo tornare ed è meraviglioso tornare a casa. Milano ti amo. Come si ama il ricordo della prima puttana. Come si ama sempre chi non ti corrisponde. Quindi…vai a fare in culo amore mio, non mi somigli per niente!

martedì 11 gennaio 2011

Pensieri e parole: Roma città eterna





Roma città eterna. Non tanto perché sta lì da sempre. Anche. Quanto perché è eterno il gusto che ti lascia: di stupore e di incompiuto. Nel senso che tante sono le bellezze che oggi osserviamo a metà. E forse la parola “incompiuto” non è propriamente esatta, poiché intende un percorso che dal niente va verso il tutto. Che, per svariati motivi, si ferma prima e che trova nell’opera non finita stupore l’ammirazione, ma soprattutto attesa febbricitante.

Per Roma, invece, l’iter è inverso: da ciò che c’era (e che nessuno conosce) a ciò che è rimasto oggi, alla sua forza di resistere all’ingiallimento del tempo e alla voglia di stimolare fantasia, curiosità e desiderio di conservazione.

Incompiuta – se decidiamo di usare questa parola – è la sensazione che la città eterna ti lascia addosso. Anche perché a Roma una visita rimarrà sempre tale e mai si potrà affermare: di Roma ho visto tutto. Ogni volta se ne vede un pezzetto in più. Ogni volta c’è sempre qualcosa di diverso da gustare (cucina compresa). Ogni volta, Roma è sempre differente da come te la ricordavi, da come l’hai vista, dal perché l’hai vista.
Saranno le persone, il clima, i percorsi in metropolitana, i piatti tipici.
Forse Pupo l’ha cantata per Firenze, ma sulla sua parola anche “a Roma, non vedi niente in una volta sola”.


sabato 8 gennaio 2011

"Vita da...": le recensioni/parla Ivan Bavuso


Questo è Ivan Bavuso. Giornalista, autoironico, consapevole, brontolone ma pigramente attivo. Lui è riuscito a fare la prefazione di questo libro e anche la recensione. Un mito


Scrivere la recensione a “Vita da”, dopo avere contribuito a riempire le pagine di questo divertentissimo libro firmandone la prefazione, non è impresa facile. Non lo è perché tutta la spinta creativa, quel poco di cui madre natura mi ha dotato, è stata spesa per tentare di buttare giù qualcosa di sensato. Ora, impelagandomi in questa recensione, dovrei trovare argomenti che risultino originali per “costringere” l’eventuale lettore a sfogliare l’opera di Elena Sandrè.
Costringere è un verbo che ho volutamente virgolettato per prendere in giro l’autrice, anche perché tutte le persone che, per colpa mia, si sono addentrate in questa lettura scanzonata e un po’ guascona, l’hanno praticamente bevuta con la stessa naturalezza con cui si beve una fresca bibita in un giorno d’estate.
Ad ogni modo “Vita da” è un libro che ti catapulta nel paradosso della quotidianità. Un paradosso che spesso ci sfugge perché non siamo abituati a guardare l’ordinario con occhi stravaganti e ironici. E’ un po’ come nella teoria del “fanciullino” di pascoliana memoria (e ora immagino cosa possa pensare lo sfortunato che si sia imbattuto in questa mia letteraria riflessione, posso persino sentire il rumore di zebedei che si infrangono sul pavimento) dove la sensibilità più acuta è rimasta prigioniera nell’età più tenera. Il pregio principale dell’autrice di “Vita da” è quindi quello di scorgere e saper poi raccontare scorci esilaranti della propria storia e quelli delle persone con cui si confronta ogni giorno.
Una lettura da non perdere capace di tenerti inchiodato alle pagine dalla prima all’ultima, per poi, metterti davanti al quesito dei quesiti: “Ma possibile che ci siano così tanti matti in giro?”
Ivan Bavuso

mercoledì 5 gennaio 2011

Mio fratello è figlio unico: perchè....




Oggi propongo per la rubrica soprannominata "testi che volano sopra la musica", una composizione del buon Rino Gaetano. "Mio fratello è figlio unico". Da leggere e guardare fino in fondo.


Mio fratello è figlio unico
perche' non ha mai trovato il coraggio di operarsi al fegato
e non ha mai pagato per fare l'amore
e non ha mai vinto un premio aziendale
e non ha mai viaggiato in seconda classe
sul rapido Taranto-Ancona
e non ha mai criticato un film senza prima, prima vederlo
mio fratello e' figlio unico
perche' e' convinto che Chinaglia non puo' passare al Frosinone
perche' e convinto che nell'amaro benedettino
non sta il segreto della felicita'
perche' e' convinto che anche chi non legge Freud
puo' vivere cent'anni
perche' e' convinto che esistono ancora
gli sfruttati malpagati e frustrati
mio fratello e' figlio unico sfruttato
represso calpestato odiato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico, deriso
frustrato picchiato derubato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico, dimagrito
declassato sottomesso disgregato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico, frustato
frustrato derubato sottomesso e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico deriso
declassato frustrato dimagrito e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico malpagato
derubato deriso disgregato e ti amo Mariù


Per la foto: keysweb

martedì 4 gennaio 2011

Dan Peterson torna a Milano: Fenomenale!



Mamma butta la pasta…. Ci siamo abituati a sentirgli dire questa frase a Dan Peterson e, a dirla tutta, chi ha meno di trent’anni l’ha sentito solo così. Ma chi poi si è avvicinato al basket non può non aver sperimentato sul campo le sue invenzioni: difesa 1-3-1, attacco a L, eccetera eccetera.
Dan Peterson è stato un rivoluzionario della pallacanestro. E’ arrivato in Italia dalla sua amata Chicago per lasciare il segno e ci è riuscito, prima a livello nazionale a Bologna, poi in tutta Europa con l’Olimpia Milano. Ha portato in Italia campioni NBA del livello di Bob McAdoo e Mike D’Antoni che ancora oggi lo ricordano come maestro e grande amico.
Riparte da dove aveva lasciato ventitre anni fa, da una sfida con Caserta – i milanesi sperano con lo stesso risultato – per cercare di dimostrare che è ancora un inventore del basket e, nonostante gli anni d’assenza dal parquet, la pallacanestro è rimasta il suo pane quotidiano. Magari il ritorno inatteso può essere visto come una mossa di marketing della dirigenza meneghina, ma sicuramente Dan rappresenta un personaggio carismatico che può dare una scossa non solo ai giocatori in campo, ma anche ad un palazzetto ultimamente un po’ freddino come il Forum.
Non sono rare – infatti e purtroppo - le volte che a guardare una gara dell’Olimpia in tv si sentono i rumori delle scarpe che “sgommano” a terra, quando ben diversa è l’attrazione che le scarpette rosse hanno sempre suscitato nel loro pubblico.
Per il resto, che dire? Se dopo 23 anni di assenza dalla panca, a 75 primavere compiute, un uomo americano dice: “L’ho fatto per amore verso Milano e l’Olimpia. Non l’avrei mai fatto per nessun’altro”, forse siamo davanti a qualcosa di epocale che difficilmente rivedremo nello sport agonistico negli anni a venire. E se il Lipotn Ice Tea adesso è considerato “fenomenale”, lo deve solo a lui…

(Si ringrazia Michele per la collaborazione tecnica)

Per la foto 1: sportitalia

lunedì 3 gennaio 2011

I matti vanno contenti al guinzaglio della pazzia...



Diciamo che spesso i testi delle canzoni ci sfuggono: tra un giro al computer, il telefono che suona e un semaforo rosso, spesso sentiamo la musica, ma non ascoltiamo le canzoni. Quindi, perchè non provare a leggere senza la radio? Un bacio e un saluto a tutti i matti. Così, per gradire...




I matti vanno contenti, tra il campo e la ferrovia.
A caccia di grilli e serpenti, a caccia di grilli e serpenti.
I matti vanno contenti a guinzaglio della pazzia,
a caccia di grilli e serpenti, tra il campo e la ferrovia.
I matti non hanno più niente, intorno a loro più nessuna città,
anche se strillano chi li sente, anche se strillano che fa.
I matti vanno contenti, sull'orlo della normalità,
come stelle cadenti, nel mare della Tranquillità.
Trasportando grosse buste di plastica del peso totale del cuore,
piene di spazzatura e di silenzio, piene di freddo e rumore.
I matti non hanno il cuore o se ce l'hanno è sprecato,
è una caverna tutta nera.
I matti ancora lì a pensare a un treno mai arrivato
e a una moglie portata via da chissà quale bufera.
I matti senza la patente per camminare,
i matti tutta la vita, dentro la notte, chiusi a chiave.
I matti vanno contenti, fermano il traffico con la mano,
poi attraversano il mattino, con l'aiuto di un fiasco di vino.
Si fermano lunghe ore, a riposare, le ossa e le ali,
le ossa e le ali, e dentro alle chiese ci vanno a fumare,
centinaia di sigarette davanti all'altare.

Francesco De Gregori

"Vita da...": le recensioni/parla Alessandra Botto Rossa




Alessandra Botto Rossa è una giornalista. Scrittura veloce e timidezza in primo piano, è spesso richiamata nel libro. Ma più di tutti è un passaggio in macchina, una parola di conforto o di incoraggiamento, un sorriso, un caffè. Il tutto senza chiedere niente in cambio. E non è che proprio sia una cosa da niente.


Si legge tutto d’un fiato “Vita da”, il primo libro di una lunga serie che Elena ha deciso di regalarsi e regalare, mandando in stampa la sua raccolta di “perle quotidiane”. Ed è un regalo per tutti, perché tutti si possono ritrovare nelle pagine di questo libro che si presenta come “un microsguardo sulla quotidianità, per ritrovare energie e non prendersi troppo sul serio”. Certo sarà più facile ritrovarsi per chi si scoprirà (anche se sotto falso nome) protagonista delle avventure sul filo del surreale o delle battute spiazzanti che Elena ha messo nero su bianco, trascrivendo sul suo inseparabile Apple bianco gli appunti delle sue altrettanto inseparabili agendine Moleskine. Ma sarà una lettura piacevole anche per chi non conosce Elena e le persone che si è divertita a “fotografare” con ironia e affetto, in queste pagine. A tutti, ma proprio tutti, potrebbe essere capitato, o potrebbe prima o poi capitare, di vivere almeno un’esperienza simile a quelle raccontate in “Vita da…”. E sì perché in questo libro non ci sono vite straordinarie o storie di un altro mondo. C’è “solo” tanta vita che Elena ha saputo catturare, nella sua Verano come a Roma o a Berlino, e fermare nel tempo. Vita che invece, troppo spesso, ci passa davanti come se ne fossimo semplici spettatori, magari distratti da altri pensieri e altre faccende. Con Elena, che la vita la sa gustare con tutti i suoi sapori e i suoi profumi, no, non ci sono spettatori: tutti diventano protagonisti e piccole esilaranti parentesi di giorni iniziati come tanti altri, diventando La Vita. Vita da leggere, tutta d’un fiato. In attesa del “Vita da…” volume 2: Elena, che al lavoro è accanto a me alla scrivania, non ha infatti mai smesso di tirare fuori la sua agenda e annotare i “vivaci botta e risposta” (chiamiamolo così) tra i nostri colleghi o le argute riflessioni di Cristina, a cui non a caso è dedicato un intero capitolo.

Alessandra Botto Rossa

Una citazione tanto per gradire: a volte niente è come sembra!



Se ti sembra che tutto ti stia venendo incontro, probabilmente sei nella corsia sbagliata! Buon anno!

Anonimo

sabato 1 gennaio 2011

1 gennaio di tutti gli anni: qualche curiosità e alcuni ricordi



La data è importante. Perché, che ci piaccia o meno, è una data di inizio, di ripartenza e ci dà la sensazione (anche per chi non ci crede: la suggestione va sopra le credenze come la polvere) che si possa fare diversamente dal passato. Che ci sia la possibilità di una svolta.

Il 1 gennaio nascono decine e decine di calciatori a 5 provenienti dall’Arabia Saudita. Davvero. Sarà forse perché è stata trovata una data di convenzione, ma è così. Per lo sport nascono tanti sciatori semisconosciuti così come numerosi ciclisti i cui nomi potrebbero tranquillamente essere quelli dei vostri nuovi vicini di casa.



Per la musica nasce Francesca Alotta, ma è nel reparto “dipartite” che ci sono i nomi forti: Ivan Graziani (1997) e Giorgio Gaber (2003). E se a morire di maggio ci vuole coraggio, ad andarsene il 1° gennaio ce ne vuole di più caro Faber, ma soprattutto ci vuole della grande ironia: andarsene mentre tutti ridono o fanno finta di farlo, mentre tutti si riprendono dalla sbronza o mentre si cucinano le lenticchie che portan soldi, tu che fai? Muori. Quasi ad andar via da una festa verso la fine: per non mettere a posto il casino o per non disturbare.

E’ poi ricco, questo giorno, di avvenimenti istituzionali per ovvi motivi convenzionali: l’entrata in Europa via via delle Nazionai dell’UE, l’entrata in vigore dell’euro (yeeeeeeeeeeeee).

Un cenno di storia italiana: 1948 entra in vigore la Costituzione italiana ed Enrico De Nicola diventa il primo presidente.

Per la foto di Gaber: ghostofasmile