domenica 17 ottobre 2010

Per ascoltare Lucio Battisti, ci vuole cultura sociale



Non mi dilungherò molto, spero, in questo mio post. Solo per dire che per ascoltare Lucio Battisti nel 2010 – quarant’anni dal suo esordio e a 12 dalla sua morte - ci vuole un background di cultura famigliare molto alto. Che non vuol dire avere in casa la famigliola del Mulino Bianco. No. Significa avere alle spalle una voglia di passato alla quale ci conducono solo ed esclusivamente le persone che nel passato hanno vissuto e che ancora oggi possono raccontare.

Lucio Battisti è questo: un ponte tra passato e presente che non ha eguali. Non tanto perché cantasse chissà quali verità sociali, quanto perché la premiata ditta Mogol – Battisti ha avuto il pregio di fare storia e di raccontare la quotidianità di tutti i giorni: con le donne, con gli amici, con il carretto dei gelati. Scegliete voi. Non sono state canzoni di denunce sociali, né tanto meno di politica furente (della stronzata immensa che vorrebbe “Il Mio canto libero” come inno fascista non dico altro che non serve). Ma è stata la storia di una vita quotidiana – spesso rivivibile anche oggi senza ulteriori cambiamenti - raccontata attraverso i personaggi scelti da Battisti e Mogol: Francesca, Anna, la prostituta di “Anche per te” e tanti altri.

Una sorta di teatro musicale che insieme al teatro canzone di Giorgio Gaber completa il cerchio della bellezza orecchiabile e per certi versi nostalgica.

Che dire ancora? Girate la manopola della radio e ciccate il video qui sotto: visto che le frequenze non mandano più le canzoni di Battisti, usate un po’ di immaginazione e fatevi trasportare.

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