mercoledì 15 febbraio 2012

Festival commissariato. E se si leggessero tutti la Parabola del Fariseo e del Pubblicano?

E io che pensavo che commissariassero solo i comuni, le province. In fondo anche lo Stato Italiano potrebbe considerarsi commissariato (in senso lato). Insomma, si commissaria (che parola orrenda e cacofonica) una funzione pubblica che, in quanto non più in grado per svariati motivi, di continuare sulle gambe di chi la detiene per il raggiungimento di obiettivi pubblici, viene affidata ad un soggetto esterno per un periodo preciso al fine di portare a termine determinati progetti e procedure.

Invece qui stiamo parlando di un Festival. Di uno spettacolo. Di un divertimento. Il tutto perchè Adriano Celentano ha osato "cazziare" preti, stampa cattolica e compagnia bella.
E non si fa, Adriano.
Piaccia o meno, quello lanciato dal molleggiato è uno spunto di riflessione. Anche per la Chiesa. Non solo per il resto del Mondo. Va beh.
Celentano spera che Avvenire e Famiglia Cristiana chiudano perchè "si occupano di politica e delle beghe del Mondo e trovano sempre meno spazio per parlare di Dio".
Quindi, secondo quanto dice il Corriere.it, "censura" la stampa.

"Auspicare la chiusura di un giornale è invocare la censura, una intollerabile censura" dice il Presidente di Rai Parolo Garimberti. Soprattutto perchè lo dice Celentano che si è spesso lamentato di essere vittima dello stesso trattamento.

E ma...se non si può auspicare qualcosa (qualsiasi cosa, anche la chiusura di un giornale), la censura arriva come una scure. E a priori.

E allora si censura la censura in un vortice di cani che "se magnano" la coda.

Il vicedirettore generale per l'offerta Antonio Marano "darà una mano" per coordinare il Festival, dice la Lei. Mica che qualcuno provi ancora a censurare la censura che, a sua volta, si censura.

Il tutto facendo passare in secondo piano il nocciolo della questione.

Può piacere o meno. Può essere definito un qualunquista o no. Ma la bomba lanciata da Celentano dovrebbe essere spunto per rifilettere e non per chidere scuse, censurare la censura. Eccetera eccetera.

Giusto per tirare in ballo Dio (quello delle scritture), di cui forse (ma forse eh...) stiamo parlando: Luca, nel suo Vangelo, scrive la celebre parola del Fariseo e del Pubblicano.

« Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato ».


Una cosa è certa. I pubblicani si sono estinti. Almeno in tv. Che si tratti di preti che arrivano il giorno dopo a chidere le scuse di Celentano. O di Celentano in diretta tv.  

Sanremo 2012: la musica, il ritorno del 2011 e la panolada dei ricchi

Suvvia, lo confesso. Io per Sanremo ci perdo la testa. Sì, perchè va detto: se una manifestazione arriva a spegnere 62 candeline, nonostante il passaggio di brutture musicali (negli anni s'intende), nonostante presentatori spesso fuori luogo. Nonostante tutto, Sanremo si è sempre iniziato e portato a termine. Quindi, per me è impossibile non seguirlo. Ha fascino solo il fatto che abbia storia. Ha fascino il fatto che su quel palco, la dice bene Gianni Morandi, siamo passate quasi 2000 canzoni,150 delle quali riecheggiano a memoria sulle bocche degli italiani (che sono tali quando gioca la Nazionale e, per altri versi, quando c'è Sanremo). Tutti gli anni, si scatenano coloro che acquistano dischi (che scaricano le canzoni, pardon) e dopo la prima sera si dice sempre che le canzoni di Sanremo fanno tutte "cagarissimo". Per me non è così. Sono arrivata preparata con la lettura dei testi (il tv Sorrisi e Canzoni serve a qualcosa: nonna saresti fiera di me) prima di sentire le canzoni e mi sono permessa di giocare dando qualche voto. In parola, come faceva la maestra Pina. Che si capisce meglio e si arriva prima al concetto che si vuole esprimere. Per ridere, nè.

ARISA (La Notte): Chi la voleva eterna macchietta ha sbagliato a capire. Il testo è ricco di sofferenza. La musica è ritmica, si sta al passo con lei e con la sua voce bellissima. Impiegata diversamente rispetto a quanto già fatto in passato. Coraggiosa (cambiare non è mai facile).

SAMUELE BERSANI (Il pallone): La metafora del pallone, scusate, ma a me fa diventare matta (positivamente). La canzone non rimane nella testa, però. E, quindi, andrebbe riascoltata. In fondo chi l'ha detto che una canzone debba vincere se è orecchiabile? Bersani ha fatto tante cose (ps: fa 20 di carriera, giù il cappello) non orecchiabili apparentemente, ma bellissime (Replay, e la stessa Giudizi Universali stessa non è così cantabilissima ad un primo momento). "Un pallone scappato sa rubare la scena alle ruote di un camion che in mezzo alla strada per caso lo sfiorano appena. Un pallone bucato non è più di nessuno. Anzi viene scansato da tutti i bambini e lasciato ingiallire nel fumo dei rifiuti bruciati". Bella da riascoltare.

LUCIO DALLA E PIERDAVIDE CARONE (Ninì): A sorpresa, Dalla si mette a dirigere l'orchestra e lo stesso Carone. Divertente, diverso. Non c'è che dire. Ma ricorda tanto la "beffa" dell'anno scorso, quando la bellissima canzone di Battiato e Madonia (L'Alieno) fu cantata solo nel finale dal cantatutore matematico. Detto questo, il testo è interessante e sembrerebbe dedicato ad un amore (non corrisposto) con una schiava. La voce di PierDavide (scettici antimariadefilippi staccate gli occhi dal monitor) è bella e arriva diretta, anche se il tutt'uno non è immediato. Differenti.

CHIARA CIVELLO (Al posto del Mondo): Brava è brava questa cantante jazz arrivata da lontano, eppure da così vicino. In Giappone e in Brasile è una star. Qui forse farà fatica. Il suo timbro è bello, la sua presenza scenica musicale non si può discutere. La canzone rievoca immagini d'amore adolescenziale e libero, con le stelle, i prati e il Mondo che svanisce. Il brano, tuttavia, è uno di quelli che ariva meno in un primo momento. Si farà.

GIGI D'ALESSIO E LOREDANA BERTE' (Respirare): Più belli di quanto si potesse pensare. Insieme ridono e trasudano qualcosa di buono, per la verità. La canzone ha ritmo (ma sono l'unica che vorrebbe risentire la Bertè in un brano struggente?), ma il testo non dice più di quel che dice. Un bene? Un male? Se c'è di mezzo Loredana non si può non parlare di look. Che in testa abbia una parrucca? Scherzi a parte: la canzone è appena appena orecchiabile e, se dovesse far fortuna, la farebbe solo per i cantanti di successo che l'han portata sul Palco dell'Ariston. Scettica.

DOLCENERA (Ci vediamo a casa): Apre lei questo Fetsival. Con la sua voce conquisterebbe chiunque e il brano ha un non so che di quotidiano e di anacronistico rispetto ai voli pindarici che si sentono di solito che davvero mi commuove. Bella, capace.

EMMA MARRONE (Non è l'inferno): Come dire, la canzone italiana non è solo miele. Finalmente, verrebbe da dire, torna sul palco anche un argomento sociale di attualità come il lavoro, come le famiglie in difficoltà. Come i suicidi (presi di lato e senza mai nominarli). Il sangue dato per il paese poteva risparmiarselo, effettivamente. Ma la passione è il 60% in una canzone. Impegnata.

EUGENIO FINARDI (E tu lo chiami Dio): E tu lo chiami Dio. Finardi canta, sa farlo. Ha una voce inconfondibile. Ha un testo forte. "Io non do mai nomi alle cose più grandi di me". Finardi ne sa. Si riconosce. E si imita da solo. Finardi ne sa.

IRENE FORNACIARI (Grande mistero): Questa ragazza esprime energia da tutti i pori. Indiscutibilmente brava, se ne sbatte del look e arriva sul palco con una tovaglia arrotolata in vita. Il testo è di Van De Sfroos e si sente con i suoi gatti, le sue lune a dondolo e i rami che si mescolano ai sospiri. Nonostante il ritmo forte, tenuto alto da Irene, la canzone parla di morte. Parla di notte. Di onda che risucchia. Capace ed evocativa.

MARLENE KUNZ (Canzone per un figlio): Testo interessante, dedicato a chi verrà, alla sua felicità che gli stupidi rendono facile. E' rock. E' il rock dei Marlene Kunz (diverso dagli altri). La canzone non arriva immediata, ma anche "La canzone che scrivo per te" mi è arrivata settimane dopo che l'avevo ascoltata per la prima volta. Parola d'ordine: loop e attendere.


MATIA BAZAR (Sei tu): Lo confesso. Li aspettavo al varco. Il testo è tremendamente sanremese, nell'accezione peggiore del termine, con "sei tu che mi hai rubato il cuore" pensavo si fosse toccato il fondo. Ma la canzone è orecchiabile. E' per Sanremo. Loro sono grandi musicisti, lei una grande voce. Se è vero che le orecchie parlano: questa canzone può andare avanti.

NOEMI (Sono solo parole): Testo di Fabrizio Moro (uno che ha sfornato della bella roba, tra "Pensa" e "Eppure mi hai cambiato la vita"). Nonostante tutto, non sono convinta. La canzone non dà quel che mi aspetto. La musica neanche. E Noemi, a dirla tutta, mi pare anche un po' giù di tono. Evabbeh, la risentirò.


FRANCESCO RENGA (La tua bellezza): Una canzone dedicata alla figlia (credo io, nè) con il padre che si compiace del fatto che la bellezza della creatura sia la parte migliroe di lui. Una bellezza furiosa (tipica dei figli che crescono) e fragile (come sono sempre i figli nei confronti dei genitori di tutte le età). La voce di Renga fa il resto. Bella e ascoltabile alla radio.

NINA ZILLI (Per sempre): Mi ha conquistato, confesso. A vederla arrivare parrebbe il fantasma di Amy, ma invece è una voce lucente e al limite del metallico piacevole e che canta l'amore. Quello finito che però poi torna. Poi speri. Cose così. La canzone potrebbe vincere. Forse. Ma vince la canzone più bella a Sanremo? Io la tifo.

Chiudo con la citazione di Rocco Papaleo che qualcuno legge come un messaggio contro i furbetti. Io lo leggo come uno sfanculo a chi agitava i fazzoletti all'Ariston per il meccanismo di votazione inceppato.

"C'è un campo di girasoli a Cortona d'Arezzo / c'è un campo di paraculi a Cortina d'Ampezzo".

Si sa, in sala non ci stanno mica quelli del ceto medio. Ci stanno i ricchi. Sì, i ricchi paraculi. Si è inceppato il meccanismo e la gara è saltata. Chi lavora sbaglia. Le macchine pure. Quanto casino per niente. Questa è la parte del Festival che mi fa venire prurito. Mitico Rocco. Non c'è che dire.
Ah, Luca e Paolo chiedono torni il Berlusca, la tipa con il nome impronunciabile è malata e tornano Belen e Canalis (vince sempre l'argentina 10 a 0). Non parlo di Adriano. Perchè Adriano si può solo ascoltare. Tanto lo fate tutti. Anche chi invoca il suo silenzio. E poi si lamenta che sta zitto. E cose così.

martedì 14 febbraio 2012

Partito Democratico Primarie Genova - Il pallone è mio e si fa come dico. Anzi, non si gioca più


Il Partito Democratico dovrebbe anzitutto capire i significati delle due parole che compongono il suo nome:

- Partito: Associazione di persone che condividono la medesima visione politica.
- Democratico: Aggettivo riferito a persone o sodalizi che tendano (per natura e intenti) al governo dei più, quindi del popolo.

Regola numero 1

- Non si può pretendere di inventare un gioco e di voler sempre vincere. Il pallone è mio e si fa come dico io: era rigore, lo batte il più forte dei miei. Anzi, se il portiere si leva, meglio ancora.

Regola numero 2

- Un militante del Pd dovrebbe sempre essere felice di qualsiasi risultato delle Primarie. Perchè, se non ci son stati brogli, vince il candidato scelto che ha ricevuto la maggioranza dei voti. Quindi, vince la democrazia, il democratico...

Domanda numero 1

Perchè aprire sempre ferite e drammi all'interno delle coalizioni e dello stesso Partito Democratico ogniqualvolta il candidato del Pd non vince le primarie (tra l'altro, la stragrande maggiorenza...)?

Domanda numero 2

Come convincere gli italiani di essere una forza alternativa se tutte le sante volte ci sono scene di delirio scolaresco come quelle viste a Genova?

Dal Messaggero. 
Dichiarazioni del sindaco uscente Marta Vincenzi: "Da maggio non ci sarà più un sindaco donna in nessuna grande città italiana, né di destra, né di sinistra" (Azz, che problema!).
Cita Ipazia, matematica, astronoma e filosofa di Alessandria d’Egitto, uccisa da una folla di cristiani in tumulto (ve l'ho detto che siamo a scuola).
"Comunque, a lei andò peggio. Oggi le donne riescono a non farsi uccidere quando perdono" (Non lamentiamoci quindi).

Quindi, il problema oggi è femminile. E' maschile. Ha vinto un uomo, non una donna. Ha vinto un uomo appoggiato da un omosessuale. Oddio, che cosa atroce. Doveva vincere una donna, per rivendicare quella lì, Ipazia d'Egitto (ironico, tutto).


Dal Messaggero/2
Pier Luigi Bersani: "E’ logico che, se ci si presenta con due candidati, il Pd rischia di perdere" (Ah, sì?)

Dal Messaggero/3
Sulle primarie, si va avanti così, ma lo stesso Bersani fa un’ammissione: "Sarebbe cosa buona, logica, normale, che il Pd scegliesse la sua candidatura per le primarie con una selezione interna".

E ma...così sarebbe meno democratico. No?

Per la cronaca: vince Marco Doria appoggiato dal Sel e il Pd perde con la Vincenzi e con Roberta Pinotti

lunedì 21 marzo 2011

Scusatemi e non strappatevi le vesti!



E va bene, scusatemi. E’ vero, sono stata molto assente. Moltissimo. Si sta parlando di più di un mese di assenza e questo non è giusto nei confronti dei miei amici lettori: no, no, vi prego, non fate così. Non strappatevi le vesti. Giuro che rimedierò. Da domani, però. Perché, a furia di non scrivere…son collassata!
Buona notte!

mercoledì 9 febbraio 2011

Grazie a Dio, a volte si torna immaturi....



Che Ambra fosse un mito lo pensavo prima. E lo penso ora. Che Ricky Memphis avesse qualcosa di più, rispetto all’ombra del poliziotto romanista, pure. Così come poca è stata la sorpresa nel vedere che Luca&Paolo non sanno solo fare i pirla alle Iene, ma si sanno anche calare nei panni di due soggetti classe 1972 che vivono una vita sul binario della normalità, salvo poi ritrovarsi felici e un po' malinconici per un muretto ritrovato. Ho visto “Immaturi”, il film di Paolo Genovese che può apparire – da locandina e trailer – una sorta di annegamento nelle lacrime nostalgiche d’altri tempi: di quando si andava a scuola, di quando tutto era più bello, di quando non c’erano pensieri. Di quando si stava meglio, insomma. Invece, il film - che presenta un cast di tutto rispetto all’italiana - ha una trama che si costruisce sulla vita di chi vive i propri quarant’anni diversamente da come si sono vissuti i venti. Grazie a Dio, verrebbe da dire. Da spiegare questo film non è semplicissimo: non pensate di andare a vedere un amarcord, questo no. Non pensate di andare a vedere una commedia tragica durante la quale si torna indietro e si ridiventa coglioni come a vent’anni. Pensate solo di andare a vedere un film che fa tornare un po’ indietro, questo sì: guardando a volte “il logorio della vita moderna” con gli occhi di ieri, ma con le speranze di oggi e i figli di domani. Uno psichiatra, una chef, una responsabile marketing, un dj radiofonico, un agente immobiliare mammone e un infedele. Recensione superveloce, viva e che viene dal cuore senza troppo soffermarsi. In ogni caso, ci sono scene del film che - come si dice in gergo - "fanno spaccare"...

domenica 30 gennaio 2011

Novecento: un monologo assurdo di una storia pazzesca



Sono sessanta pagine. Viaggiano veloci, più del Virginian, il piroscafo di cui narra. E’ una storia di musica, di amore verso il pentagramma e, soprattutto, una storia d’amore verso quelli che si possono definire i “diversi”. E non nel senso sessuale del termine. Bensì nel senso caratteriale, vitale che questa parola sa esprimere. Il teatro di questa storia è il mare, con la sua linea orizzontale che divide il reale dal sogno. Novecento - così si chiama il personaggio di questo monologo, scritto da Alessandro Baricco e dalla sua particolarissima penna – è un libricino che si legge in una sera e che suona più come una sceneggiatura (spesso si legge che l’attore esce di scena) e credo che il modo migliore per invogliare qualcuno a leggere quest’opera non sia una recensione dettagliata, bensì qualche spot di frasi tratte dal monologo. Basteranno per invogliarvi:

Negli occhi della gente di vede quello che vedranno, non quello che hanno visto”.

Suonavamo perché l’Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio”.

Non sei fregato veramente finchè hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”.

Il Mondo, magari, non l’aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima”.

Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia”.

La gente fa così. E’ cattiva con quelli che perdono”.

Per l’ultima volta, lì a dirci tutte le cose che mica puoi dirti, con le parole”.

E’ sorprendente come sia inutile, suonare una tromba, quando c’hai una guerra intorno. E addosso, che non ti molla”.

Andavo di fantasia, e di ricordi, è quello che ti rimane da fare, alle volte, per salvarti, non c’è più nient’altro. Un trucco da poveri, ma funziona sempre”.

Da leggere. Anche per più volte. Tanto, c’è da “perderci sopra” solo una serata.

martedì 25 gennaio 2011

Caro Mike, due parole per te...

Caro Mike, oggi più che mai mi vengono in mente tutte le tue gaffes: la Longari e il suo uccello, la Berti a Sanremo 1906, Fausto Tozzi (magari Umberto…), Paolo Bolis (al posto di Paolo Bonolis), la filanda la belinda e la Bernarda... Mi viene in mente quando ti incazzavi con la Elia, con Sgarbi. Mi viene in mente quando facevi finta di litigare a distanza con Pippo Baudo. Mi viene in mente che non avevi paura di un bel niente. Soprattutto di non poter raccogliere l’approvazione di tutti. Il gesto che ti vede vittima – la trafugazione della tua salma – non ha tanti commenti a livello morale. Che dire di chi ruba ciò che rimane di una vita come la tua (di una vita e basta, verrebbe da dire)? Per la salma di Enrico Cuccia fu chiesto un riscatto (e i Carabinieri arrestarono i due colpevoli). Per te, mi verrebbe da dire che non c’è riscatto che tenga. Se è vero che è il ricordo di chi resta sulla terra a tenere in vita una persona, stai tranquillo che i soldi che chiederanno (se li chiederanno) non saranno mai abbastanza…