venerdì 24 dicembre 2010

Documentorio Madrid, 22 maggio 2010: Buon Natale






Per Natale sto regalo ve lo faccio. Arrivate fino alla fine per comprendere. Una volta entrati al Bernabeu, si è svolta la sagra della stanchezza che ha lasciato il posto alla voglia di sentire il fischio iniziale. Poi, onestamente, ricordo solo che Milito ha fatto due gol, che se l’arbitro avesse voluto avrebbe potuto dare un fallo di mano in area se non erro di Maicon (peeeeeeeeeeeeeeeee!) e che Robben ha fatto un po’ trottare Kivu. Poi ricordo che Julio Cesar ha fatto cento rinvii, ma tutti laterali. Ne ha fatto uno centrale che è bastato: palla tra i piedi di Snejider, passaggio al Principe. Gol. Giuro che certe cose non le ho nitide. Non so perché. Sarà un riflesso incondizionato. Le canzoni salite dal basso senza un capocurva, la coreografia nostra bellissima (non l’ho vista, ci ero sotto), quella urenda del tedeschi, il loro cantare e muoversi a tempo. 







Il mio vicino di seggiolino che gli avevano rubato tutto: soldi, portafoglio, documenti. Il triplice fischio e…Zanetti che alza la Coppa, Cambiasso con la maglia del Cipe, i giocatori in campo coi bimbi, Stankovic con la bandiera della Serbia sulle spalle, Mou che saluta, Thiago Motta che gioca con sua figlia. Lui indossa la maglia della salute. E chi non salta è rossonero. Mio papà che piange e io che lo filmo. Lui che, vedendo che lo filmo, piange ancora di più al pensiero che lo farò vedere a tutti e lui farà una figura di merda. Per il resto aggiungo qualche flash, sparso tra inizio, fine e nel mezzo: incapacità mia e di mio papà di trovare il chek-in (all’andata così come al ritorno), mio padre che non volendo fare strada a piedi ha deciso di mettere la macchina dove non si poteva raccogliendo alle sette della mattina del 23 maggio l’ennesima multa. Code ovunque: per salire sull’aereo, per scendere, per far colazione, il siciliano che arrivava da tre giorni di viaggio per questa partita (mai più lamentarsi), Benoit Cauet seduto dietro di noi (il che equivale a dire che ha visto la partita, piangendo, come un normale cristiano e non come ex calciatore: tanta roba), mio padre che aveva paura della folla, tutti che insultano il povero Pandev (rispetto per Goran), al gol di Milito mi alzo per esultare, mi risiedo e sulla gonna della laurea (portava fortuna che ci dovete fare?) mi si pianta una gomma americana fatta cadere da chissà quale anello, il tizio dietro di noi ha iniziato a piangere al 55’, fuori dallo stadio borseggiatori “marrani”, un italiano rincorre lo scippatore e gli dà un calcio nel culo, incontro l’assessore allo sport del comune di Meda, gli spagnoli che all’aeroporto non parlano nessuna lingua se non la loro, due ore di ritardo sull’aereo, io che dormo, mio padre che dal fondo del velivolo non ha voglia di alzarsi e mi urla “Ele, vai a prendermi l’acqua” (a casa sua proprio), il suo vicino (simile a Maurizio Mattioli) mi dice che al papà ci pensa lui. Di fatto si addormenta per primo, toglie le scarpe, allunga i piedi e li appoggia sulle gambe a mio padre. Le peggio magliette: quelle griffate FITGAR, MISURA, FIORUCCI, quella di Ibrahimovic (ma buttala no?), quella di Georgatos, quella di Favalli (Santo Subito). Torniamo a casa, albeggia, vado a letto. E chi non salta è rossonero. Siam Campioni d’Europa (e ora del Mondo: tiè).









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