mercoledì 1 dicembre 2010

Un racconto per la mia "nipotina"/Parte 2

(...) Se scomponiamo il 23, troviamo un 2. Non solo: c’è anche un 3.
Se il 23 è il numero di Marco, il 2 – devi sapere – è un numero molto importante per l’Inter.


Sì, perché oggi lo veste Ivan Ramiro Cordoba: è un bambino straniero, anche lui un po’ timido come il suo amichetto Marco. Ma il “suo” 2 è un 2 di generosità, di chi dà anima e corpo per quello che fa. Di chi non si risparmia mai e anche se l’allenatore non lo fa sempre giocare, quando lo chiama che lui è seduto in panchina, Ivan si alza, risponde “presente”, fa il riscaldamento ed entra il campo dando il meglio di sè. Vestire il “suo” 2 significa mettersi a disposizione dei propri amici, degli altri bambini: senza condizioni, compromessi o interessi. Sempre.



Ma il 2 non è stato solo il numero di Ivan. Era il numero, tanti anni fa, di Giuseppe Bergomi. Tu conoscerai Giuseppe perché senti la sua voce alla televisione. Ma Giuseppe, prima di sparire dal video e spuntare sui microfoni, era un giocatore dell’Inter, il suo umile capitano: un difensore che da giovane ha promesso grandi cose e, pian piano, si è dimostrato un ottimo gregario. Cosa vuole dire gregario? E’ gregario chi aiuta la squadra, pur non essendo un fuoriclasse, pur non segnando mille gol, pur non vincendo riconoscimenti come il “Pallone d’oro”. E lui era un bravissimo gregario, ma non solo: era il capitano, il vecchio della situazione e, anche se in tanti se lo sono dimenticati, è Campione del Mondo perché nel 1982, quando l’Italia ha vinto i Mondiali, non c’erano solo Tardelli (sai quello segna, urla e piange), non solo Dino Zoff (il portiere che non parla mai), Spillo Altobelli (quello che dice “c’è chi può e chi non può…io può”) o Paolo Rossi (che ha fatto tanti gol. O meglio, li ha fatti quando serviva). C’era anche lui, Giuseppe, e non aveva neanche vent’anni. Gli amici e tutti i tifosi lo chiamano “zio Bergomi”, perché quando aveva 18 anni portava i baffi e pareva suo zio. Avere sulle spalle il suo numero 2 significa essere umili, educati, mai arroganti, ma autoritari. Significa fare una carezza agli altri bambini e dire loro “Stai sbagliando”. Significa essere capitano con coscienza: per la squadra e mai per se stessi.



Infine, il numero “2” è stato anche il numero di Tarcisio Burgnich: qui, devi aprire bene le orecchie perché la storia di questo giocatore è sconosciuta quasi a tutti. Difensore forte, roccioso, ha segnato pochissimi goal e ha accettato negli anni – gli anni ’60 quando neanche la mamma e il papà erano nati – di fare il terzino e il libero: due ruoli diversi ai quali lui si è adattato senza batter ciglio. Burgnich è un uomo friulano: quindi un uomo che viene dal confine dell’Italia, lontano dal suo centro e vicino alle popolazioni straniere. E’ stato apprezzato per la sua sobrietà: per non esagerare mai e per esserci sempre.

Il “23” non è quindi solo il 23. E non è solo il 2.

(continua...)

Nessun commento:

Posta un commento