venerdì 3 dicembre 2010

Il calcio? Ormai è un affare per....estrogeni!



Che il calcio sia un affare per donne è assodato. A dirlo non sono i numeri, nè le statistiche. Sono i comportamenti e l’evidenza. 

Chi ama il gioco del pallone “da uomo” sa che si può sbagliare. Sa che una papera del portiere sta scritta alla clausola numero 10 del contratto firmato tra noi e quello stadio maledetto. 

Chi ama il calcio "da donna" urla, sbraita per un errore, piange, si dispera. Si incazza e reagisce in maniera decisa e perentoria dicendo frasi del tipo “Il mister vada fuori dalle palle!”, oppure inneggiando ad un ritorno di certi giocatori alla casa del parroco. 

Chi ama il calcio "da donna" attende la partita come se fosse la prima di un ballo o un pomeriggio di shopping. Per poi tornare dallo stadio – o dalla seduta davanti alla tv – con un sorriso alla Julia Roberts se la propria squadra ha vinto. Che è un po’ come tornare da Corso Vittorio Emanuele con “quel” vestito a metà prezzo o con un occhiolino raccolto in più rispetto all’amica. 

Che il calcio sia un affare per donne lo si evince dai talk show dedicati a questo sport: dove si alza il tono della voce, proprio come in un pollaio (senza offesa per la mia categoria s’intende o questo sarebbe davvero uno dei rari casi di autoinsulto), dove si cerca l’applauso strappato parlando del nulla. Suvvia, un rigore, una giocata, un fallo, un gesto. Tutte piccole cose che solitamente sono le donne a notare e non gli uomini. Gli uomini notano il colore di un vestito? No. Le donne notano un nuovo rossetto? Sì. Oggigiorno, il tifoso medio nota al 100% il labiale di un giocatore mentre dice “figlio di puttana” ad un avversario. E la maggior parte delle volte il tifoso si scandalizza e insulta a sua volta il giocatore con la maglia diversa dalla sua preferita. Come le donne che, nel sentirsi dire “zoccola” rispondono: “zoccola sarai tu”. 

Ecco, il pallone è tutt’altro che una cosa per maschi ormai. Le donne lo seguono, certo. Ma, come detto in apertura, la questione è fatta di ormoni e non di numeri. Non è perché all’anagrafe la maggior parte di chi va allo stadio ha scritto la M vicino alla parola “sesso” che il calcio è maschile. 

E’ femminile, perché richiama comportamenti tipici dell’altra metà del cielo e perché, probabilmente, questo andirivieni di maschioni sul tappeto d’erba fa uscire gli estrogeni presenti nei corpi a prescindere dal loro genere d’appartenenza natale. Volete dirmi che le moviole, gli schemi, i paragoni, i commenti non sono “dolcemente complicati”? Forse sono anche isterici. Come le donne. Divertenti. Come le donne. 

Chi vive il calcio da uomo, lo vive come uno sfogo, durante il quale sa che le pedate si prendono e si danno. Difficilmente, una persona che vive il calcio da uomo si innamora nella sua vita di più di un calciatore. 

Chi ha amato Roberto Baggio può aver apprezzato Ronaldo, Messi, ma non li ha amati allo stesso modo. Una donna che ha amato Roberto Baggio, una volta tagliato il codino, ha iniziato poi ad amare Ronaldo, Kakà, Mimì e Cocò (e….). 

Insomma, il fatto è questo: che davanti ad un campo di pallone (visto e non giocato, s’intende), succede che si azzerano i genotipi e i fenotipi per lasciar spazio a testosteroni ed estrogeni. Davanti ad una partita di pallone, non ci sono più uomini o donne, ma “calciomini” e “calcionnne”. Poi ci sono gli uomini che vogliono continuare a fare gli uomini (che vanno allo stadio senza paltò, senza cappello e con otto pacchetti di sizze) e le donne che vogliono continuare a fare le donne (che del calcio se ne fottono ma che credono possa essere un ottimo ring). Ma questo fa parte della società in generale che include quella fatta di calcio. 

Chi vive il calcio "da donna" odia a prescindere il leader della squadra avversaria. Chi vive il calcio da uomo, vorrebbe berci una birra con il leader della squadra avversaria. Perché le donne si strappano i capelli, mentre gli uomini trattano. Davanti ad una birra o chissà dove. Si tirano pugni, prendono botte di notte (per dirla alla Riccardo Cocciante). D’altronde, il futuro è femmina. E pure il pallone, a sto punto: fra un po’ lo chiameremo solo “palla”. 

Per la foto: stile.it

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