domenica 17 ottobre 2010

“Benvenuti al Sud”: commozione, risate e introspezione.



Dopo varie vicissitudini, sono riuscita ad andare al cinema. Corse, code alla biglietteria, la solita sciura che sta a gambe aperte come se stesse facendo aerobica per avere un piede in una fila e un piede nell’altra, la figlia della signora che lasciata da sola si sente spaurita e urla “mammaaaaaaa”, la macchinetta del caffè che non va, l’impossibilità a causa della calca di comprare i mitici M&Ms (che in lingua parlata diventano in men che non si dica “ememem”).

Dopo tutto questo, sono riuscita a sedermi sulle poltrone del cinema: pubblicità, trailer vari (prossima seduta con “Maschi contro femmine” e “Due cuori e una provetta”) ed ecco che inizia il film.

Bisio, la Finocchiaro, le Poste, il Duomo di Milano, le giacche e le cravatte, i sacchetti dello shopping, la passione sfrenata per la legalità, un bambino sfigato con gli occhiali, i piselli anemici nel piatto e quattro sane risate autoironiche che non guastano mai.

Nonostante le risate sacrosante all’inizio – dico la verità – ho provato un po’ di fastidio: sì, fastidio. Per la “stereotipazione” della gente del Nord, vista solo e soltanto come gente fredda che pensa ad andare a vivere in una bella casa, alla carriera con giacca e cravatta, gente che guarda i cognomi sul citofono e storce il naso se ci trova un Esposito, gente che vuole lo scontrino a tutti i costi e cose di questo genere.

Beh, il messaggio è arrivato, penso: forse anche a quelli del Sud dà fastidio che li vediamo come terroni, come chi non fa la differenziata, mangia le salsicce al mattino, lavora poco, apre l’ufficio alle nove, si ferma a bere un caffè ad ogni consegna.

Ai titoli di coda ho capito che il messaggio nel film non è questo. Affatto.

Il “piccione” della pellicola che ha come protagonista Claudio Bisio è ben altro. E’ molto di più.

Anzitutto, il messaggio del regista Luca Miniero passa per una storia di quotidianità e normalità.
E solo i migliori riescono a mostrare i messaggi di concetto e di cuore attraverso la vita di tutti i giorni agli spettatori. I quali solitamente hanno gli occhi desiderosi di trovare i marziani sotto al letto, di scoprire chissà quali verità, di chiudere tutti i cerchi del Mondo. E non certo di vedere una quotidiana preparazione dell’insalata.

Dicevamo che il messaggio è un altro: l’unione tra Nord e Sud fa piangere. Fa commuovere. Perché quando si cambia idea ci si commuove sempre, ci si guarda allo specchio e si dice (felici) “ma quanto sono stupida”. Parte del messaggio finale del film è questo.

Certo, se alcune provocazioni - come la raccolta differenziata fatta in questo piccolo paesino vicino a Napoli – dovessero passare come quella verità nascosta dietro i luoghi comuni che vorrebbero invece i cassonetti bruciati a Napoli, beh, questo film non avrebbe senso. Anche perché se a Castellabbate si ritira un giorno la carta e l’altro l’organico, questo non succede dappertutto al Sud (io li ho visti in una Regione del Sud i sacchi neri della monnezza appesi ai balconi e non ero ubriaca!).

La cosa stupenda di questo film è anzitutto il finale: il ritorno a Milano dei protagonisti. Con commozione per quel che si lascia dietro, certo. Ma il ritorno a Milano. Un finale banale sarebbe stato veder rimanere i polentoni a Castellabbate.

Ma la cosa più bella di questo film è vedere che si può amare qualcosa senza farne un mito e senza per forza scegliere tra una casa di residenza e una “delle vacanze”. E’ bello vedere che si può amare Castellabbate, ma nello stesso tempo non insultare mai Milano e tornarci quando si potrebbe non farlo.

Durante il film non si assiste mai ad una difesa forte e violenta della propria città – né da parte del milanese Bisio, né da parte dei cittadini di Castellabbatte – così come non si assiste ad un amore perso per Milano e, in maniera inversamente proporzionale, ad un amore nato tutt’un tratto per il Sud.

Si assiste ad una comprensione graduale del fatto che in fondo c’è bisogno di tutto.

Se Bisio non fosse andato al Sud, Maria e Mattia non si sarebbero mai messi insieme, poiché tutto sarebbe rimasto nell’immobilismo: difetto delle regioni meridionali (da una parte l’immobilismo, dall’altra i piselli anemici…).

Se Bisio non fosse andato al Sud e non avesse incontrato un pallone da calcio quotidiano, forse avrebbe continuato la sua vita con Silvia in maniera noiosa e ansiotica.

Senza cercar di trovare la “morale della favola”, guardate questo film: per le risate, per qualche lacrimuccia se siete sensibili e per godervi una storia. Con un messaggio finale, ma pur sempre una storia.

Una cosa sola: il bambino di Milano, con la maglia di Lavezzi sulle spalle alla fine…proprio no eh?

Per la foto di Claudio Bisio: flickr.com
Per la foto di Angela Finocchiaro: flickr.com

4 commenti:

  1. Ho visto anch'io Benvenuti al Sud. E' una commediola sugli stereotipi e picchia un po' di più verso i polentoni, svolgendosi al sud ed essendo diretta da un napoletano. In Giù al Nord uscivano meglio i francesi del Nord-Passo di Calais rispetto ai provenzali. Bisio e la Finocchiaro partono da pseudoleghisti brianzoli con il mito di Milano. Anche se oggi è un po' l'opposto, sono i milanesi che fuggono dalla metropoli per andare a vivere nella sonnecchiosa Usmate. Bisio non finisce a Castelvolturno, a Secondigliano o ad Acerra ma a Castellabate, meraviglioso borgo cilentano che si affaccia al mare. La camorra non manca nemmeno lì (basti pensare all'omicidio del sindaco di Pollica Vassallo), ma siamo in un paese relativamente tranquillo e, come tutto il Cilento, più ricco rispetto a molte altre aree della Campania o del Sud. Sinceramente Castellabate è una realtà molto diversa dall'hinterland napoletano. E' come se uno del sud andasse a vivere a Tremezzo sul Lago di Como invece che a Pioltello. C'è sud e sud come c'è nord e nord. Di Miniero avevo preferito, e consiglio, "Incantesimo napoletano". Lì gioca molto meglio sulle differenze Milano-Napoli. Gli attori sono bravi (la Finocchiaro, che adoro, e Siani, che qui finalmente non cerca di fare l'erede di Troisi) e la commedia si gusta fino allo scontato lieto fine. Io avevo visto Giù al Nord e il soggetto è rimasto immutato. In conclusione è un film carino, senza troppa originalità. Fa sorridere, specie se visto in compagnia di amici partenopei esaltati.

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  2. Ciao Leo, ti ringrazio per il commento, sempre ben accetto.
    E' vero, la commedia è sugli stereotipi (dichiaratamente, direi), ma credo che un'opera d'arte - che sia un film, un quadro o chissà cos'altro - sia sempre di chi lo crea e di chi lo gusta. Probabilmente, io ho rivisto me stessa in certe situazioni e ci ho sorriso su, come ho visto anche alcune situazioni che possono starmi a cuore e che ho quindi sottolineato. Nonostante ci sia Sud e Sud e nonostante questo sia indiscutibile, credo che i messaggi che si possono cogliere da questa pellicola non siano solo le risate. Tutto qui.

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  3. ragazzi, ma ragazzi, siamo seri, sù.
    'sto film è un semplice rifacimento dell' originale francese, ha la sola finalità di farci fare 4 sane risate su noi stessi, quale morale vogliamo trovarci?
    naturalmente evidenzia, ridicolizza ed esaspera alcuni aspetti del nostro "carattere".
    ma ce lo immaginiamo un avaro di moliere, copiato da plauto, a sua volta copiato da menandro, che racconti un arpagone normale? conosco usmate, arcore, carnate ... sono siciliano, mi interesso di incoming, dunque incontro di frequente turisti del NORDE che arrivano fino a castellammare del golfo - trapani - san vito lo capo - scopello - la riserva dello zingaro - segesta - palermo etc. alcuni sono un pò prevenuti, altri no, uguale x i noi meridionali quando andiamo al nord.
    ma, in fondo, uno stereotipo che cos'è?
    un semplice, banale modo di definire il "diverso" x stabilire un contatto con lui.

    siate felici e ... ridete, ridete che il riso fa buon sangue. ciao a tutti, faro como

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  4. Ciao Faro Como, grazie mille per il tuo commento. Non sono totalmente d'accordo con te su alcune cose: che il film sia una copia di quello francese era dichiarato fin dall'inizio. Non che questo lo renda diverso da quello che è: ossia una rivisitazione in chiave italiana di una pellicola francese. Ma non lo si può definire un plagio, una copia spudorata etc etc. Ed è indiscutibile che il film prenda una piega "italiana" sulla quale ridere e anche ragionare...e, visto che siamo italiani, commuoverci per chi ce la fa.

    Detto questo, hai ragione quando dici che questo film è fatto per fare quattro risate. E lo fa in pieno stile italiano: esagerando, ridicolizzando e cose di questo tipo.

    E' anche vero, a mio avviso, che la comicità - se non è qualunquista - può portare al ricordo di affetti, amicizie, esperienze. Insomma, parliamoci chiaro: non si può paragonare il film "Benvenuti al Sud" ad un Cine Panettone per passare due ore sotto Natale...

    In ogni caso, trovo la tua definizione di stereotipo davvero azzeccata. Ti invito a guardare la mia sezione "In pillole" che c'è una riflessione a riguardo.

    Grazie ancora e...al prossimo film!

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